Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. n.  80224030587),
presso i cui uffici domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n.  12
per   il   ricevimento   degli   atti,   fax   06.96514000   e    pec
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it 
    Nei confronti della Regione Puglia,  in  persona  del  Presidente
della giunta regionale pro tempore, con sede  in  Bari  al  Lungomare
Nazario Sauro  n.  33,  per  la  dichiarazione  della  illegittimita'
costituzionale della legge della Regione Puglia del 3  ottobre  2018,
n. 48, pubblicata nel B.U.R.  Puglia  n.  129  del  5  ottobre  2018,
recante: «Norme a sostegno dell'accessibilita' delle  aree  demaniali
destinate alla libera balneazione per le persone diversamente abili»,
limitatamente all'art. 2, comma 2, lettera a). 
    La legge della Regione Puglia n. 48/2018,  con  riferimento  alle
disposizioni di cui all'art. 2, comma 2, lettera a), presenta profili
di illegittimita' costituzionale  e  viene  quindi  impugnata  per  i
seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) Art. 2, comma 2, lettera a) della legge della  Regione  Puglia  n.
48/2018, per violazione degli articoli 117, primo comma, 2 e 3  della
Costituzione. 
    1.1. Con la legge n. 48 del 2018, la Regione Puglia ha introdotto
«Norme a sostegno dell'accessibilita' delle aree demaniali  destinate
alla libera balneazione per le persone diversamente abili». 
    L'intervento normativo  e'  teso  a  garantire  «L'accessibilita'
totale alle spiagge in concessione, a quelle libere con servizi  e  a
quelle pubbliche [...] con la predisposizione e  la  manutenzione  di
percorsi idonei all'utilizzo da parte di  soggetti  con  disabilita'»
(cosi' la relazione di accompagnamento alla proposta di  legge.  Atto
del Consiglio n. 673). 
    La legge regionale in esame e' dunque riconducibile alla  materia
dei diritti delle persone con disabilita' e riguarda, in particolare,
il diritto delle persone diversamente abili alla liberta' di  accesso
e  fruizione  delle  aree  demaniali  destinate   alla   balneazione,
rientrante nell'ambito della  Convenzione  delle  Nazioni  Unite  sui
diritti delle persone con disabilita', ratificata dall'Italia con  la
legge del 3 marzo 2009, n. 18. 
    Le finalita' della legge regionale n. 48 del 2018 sono  enunciate
dall'art. 1 a tenore del quale «La Regione Puglia, ai sensi dell'art.
3 della Costituzione della Repubblica  italiana,  dell'art.  8  della
legge  5  dicembre  1992,  n.  104  (Legge-quadro  per  l'assistenza,
l'integrazione  sodale  e  i  diritti  delle  persone  handicappate),
dell'art. 10 dello statuto della Regione Puglia, e dell'art. 1, comma
4,  lettera  c),  della  legge  regionale  10  aprile  2015,  n.   17
(Disciplina  della  tutela  e  dell'uso  della  costa),  riconosce  e
sostiene il diritto delle persone  diversamente  abili  a  una  piena
integrazione nella collettivita', garantendo  loro  una  liberta'  di
accesso e fruizione delle aree demaniali destinate alla balneazione». 
    L'art. 2 della legge regionale in esame, dopo aver  premesso,  al
comma 1, che la Regione Puglia eroga incentivi  alle  amministrazioni
comunali per la realizzazione di interventi volti  ad  assicurare  la
totale accessibilita' e  fruibilita'  delle  spiagge  destinate  alla
libera balneazione delle persone  diversamente  abili,  al  comma  2,
lettera  a),  tuttavia,  limita   fortemente   tale   accessibilita',
precisando che dette amministrazioni devono «individuare  almeno  una
spiaggia da adibire alla fruizione delle persone diversamente abili». 
    La norma regionale contenuta nel comma 2, lettera a) dell'art.  2
subordina   la   concessione   degli    incentivi    all'assolvimento
dell'obbligo di individuare  (e  quindi  di  destinare)  «almeno  una
spiaggia» adibita alla fruizione delle persone diversamente abili. La
disposizione sospettata, quindi, consente ai comuni costieri pugliesi
di ottenere gli incentivi  previsti  attrezzando,  per  la  fruizione
delle persone diversamente  abili,  soltanto  una  singola  spiaggia,
individuata nell'intero territorio comunale. 
    In tal modo, la norma censurata finisce per provocare, di  fatto,
un effetto discriminante ai  danni  delle  persone  con  disabilita',
limitando la possibilita' per tali soggetti di  poter  usufruire,  al
pari degli altri, dell'accesso alle spiagge e ai luoghi turistici. In
altri termini, l'art. 2, comma 2, lettera a) della legge regionale in
commento viola le norme costituzionali in  epigrafe  poiche'  prevede
contributi pubblici per i comuni costieri  pugliesi  che  individuino
«almeno  una  spiaggia  da  adibire  alla  fruizione  delle   persone
diversamente abili», incentivando cosi' quei comuni ad  un'attuazione
del diritto delle persone diversamente abili alla liberta' di accesso
e fruizione delle aree demaniali destinate alla balneazione  talmente
limitata da apparire concretamente discriminatoria. I soggetti che il
legislatore regionale proclama di voler proteggere, invero,  anziche'
poter accedere liberamente e senza particolari  disagi  alle  spiagge
dell'intero  territorio  comunale,  di   fatto,   potrebbero   essere
costrette  ad  accedere  ad  un'unica  spiaggia  pubblica  per   loro
attrezzata ove finirebbero relegati, per non dire «ghettizzati»,  non
potendo cosi' disporre di alcuna concreta alternativa. 
    2.2. La disposizione regionale censurata, pertanto, contrasta con
le norme della menzionata Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti
delle persone con disabilita', ratificata dall'Italia con la legge n.
18 del 2009 (di seguito anche Convenzione), nonche' con le specifiche
disposizioni di  legge  a  tutela  dell'accessibilita'  dei  soggetti
disabili   ai    sedimi    demaniali    marittimi    con    finalita'
turistico-ricettive, recate dalla  legge  5  febbraio  1992,  n.  104
(«Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e  i  diritti
delle persone handicappate») e dal decreto del  Ministro  dei  lavori
pubblici 14 giugno 1989, n. 236 («Prescrizioni tecniche necessarie  a
garantire l'accessibilita', l'adattabilita' e la visitabilita'  degli
edifici privati e di edilizia residenziale pubblica  sovvenzionata  e
agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere
architettoniche.»). 
    2.2.1. Infatti, la citata Convenzione, nell'enunciare all'art.  5
il principio di «eguaglianza  e  non  discriminazione»,  impone  agli
Stati  di  «vietare  ogni  forma  di  discriminazione  fondata  sulla
disabilita' e  garantire  alle  persone  con  disabilita'  uguale  ed
effettiva protezione giuridica contro ogni discriminazione  qualunque
ne sia il fondamento». 
    L'art.   9   della   Convenzione   si   occupa   specificatamente
dell'accessibilita'  stabilendo  che  «al  fine  di  consentire  alle
persone con disabilita'  di  vivere  in  maniera  indipendente  e  di
partecipare pienamente a tutti gli ambiti della vita, gli Stati parti
devono prendere misure appropriate per assicurare  alle  persone  con
disabilita',  su  base  di  eguaglianza  con  gli  altri,   l'accesso
all'ambiente  fisico,   ai   trasporti,   all'informazione   e   alla
comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o offerti  al
pubblico, sia nelle aree urbane che nelle aree rurali». 
    Inoltre, l'art. 19 della  Convenzione,  alle  lettere  b)  e  c),
stabilisce che le persone con disabilita' hanno  diritto  all'accesso
ad una serie di servizi di sostegno domiciliare,  residenziale  o  di
comunita' impedendo che siano isolate o vittime  di  segregazione,  e
specificatamente che i servizi e le strutture comunitarie destinate a
tutta  la  popolazione  siano  messe  a  disposizione,  su  base   di
eguaglianza con gli altri, anche delle persone con disabilita' e  che
siano adatti ai loro bisogni. 
    Infine, l'art. 30, par. 1, comma 5, lettera c) della Convenzione,
afferma il principio in base al quale  deve  essere  assicurato  alle
persone con disabilita l'accesso  a  luoghi  sportivi,  ricreativi  e
turistici. 
    2.2.2. La norma  regionale  censurata,  come  sopra  evidenziato,
contrasta altresi' con le specifiche disposizioni di legge  a  tutela
dell'accessibilita'  dei  soggetti  disabili  al  demanio  marittimo,
recate dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 e dal decreto del Ministro
dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236. 
    Infatti, l'art. 23, comma 3, della  predetta  legge  n.  104/1992
stabilisce  che  «Le  concessioni  demaniali  per  gli  impianti   di
balneazione ed i loro rinnovi  sono  subordinati  alla  visitabilita'
degli impianti ai sensi del decreto del Ministro dei lavori  pubblici
14 giugno 1989, n. 236, di attuazione della legge 9 gennaio 1989,  n.
13, e all'effettiva possibilita' di accesso  al  mare  delle  persone
handicappate.». 
    La norma statale, nel prevedere  che  le  strutture  balneari  in
concessione devono assicurare la loro piena visitabilita' e l'accesso
al  mare  anche  alle  persone  diversamente   abili,   conferma   la
prioritaria  necessita'  di  garantire  anche  a  costoro  la  libera
fruizione dei beni del demanio marittimo e del mare territoriale, che
non pare possa essere disattesa dalle  regioni.  La  legge  regionale
pugliese 10 aprile 2015, n. 17, infatti, conforma l'azione  regionale
ai predetti principi. 
    Il decreto del Ministro dei lavori pubblici 14  giugno  1989,  n.
236, dal canto suo, detta le  prescrizioni  tecniche  necessarie  per
favorire   il   superamento   e   l'eliminazione    delle    barriere
architettoniche negli edifici privati e contempla,  nello  specifico,
all'art. 5 i criteri di progettazione atti  a  garantire  (anche)  la
visitabilita' degli impianti di balneazione, per effetto  del  rinvio
contenuto nel citato comma 3 dell'art. 23 legge n. 104/1992. 
    La  norma  censurata,  tuttavia,  nel  riconoscere  incentivi   a
beneficio dei  comuni  che  adibiscano  «almeno  una  spiaggia»  alla
fruizione  delle  persone  diversamente  abili,  favorisce  un'azione
amministrativa  che  non  assicura  a  questi  ultimi   la   completa
accessibilita' e la fruizione delle  aree  demaniali  destinate  alla
balneazione. Si tratta, pertanto, di una scelta  legislativa  che  e'
suscettibile di creare ostacolo alla piena esplicazione  del  diritto
garantito  alle  persone  diversamente  abili,  anche   dalla   legge
nazionale, risolvendosi cosi' in una irragionevole diseguaglianza. 
    Non va dimenticato, del resto, che codesta Ecc.ma Corte,  ritiene
che le disposizioni in materia di  accessibilita'  e  di  superamento
delle barriere architettoniche  attengono  alla  «determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali» (LEP), di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), della
Costituzione, che devono essere  garantiti  su  tutto  il  territorio
nazionale (sentenza n. 272 del 2016). 
    Pertanto,  la   disposizione   censurata,   stabilendo   che   le
amministrazioni comunali debbano attrezzare «almeno una spiaggia»  da
adibire alla fruizione delle persone diversamente abili  si  pone  in
contrasto sia con le norme della Convenzione sopra menzionate sia con
la normativa statale citata: in primo  luogo,  con  riferimento  alla
necessita' di impedire isolamento e discriminazione, e  poi  riguardo
all'obiettivo di rendere fruibili tali strutture comunitarie  su  una
base  di   eguaglianza   con   gli   altri.   Essa   infatti,   lungi
dall'apprestare una tutela aggiuntiva in  favore  delle  persone  con
disabilita', limita e vanifica la ratio  perseguita  dai  legislatore
regionale  e  nazionale  in  merito  al  superamento  delle  barriere
architettoniche. Il tutto con evidente limitazione delle liberta'  di
movimento e fruizione dei  luoghi  turistico  ricreativi,  in  aperta
violazione con il principio di accessibilita', cosi' come sancito  in
piu' parti dalla Convenzione delle Nazioni Unite  sui  diritti  delle
persone con disabilita'  e  dalla  normativa  statale  vigente  sopra
richiamata. 
    3. I rilievi che precedono trovano conferma nella  giurisprudenza
di codesta Ecc.ma Corte. 
    In particolare, con le sentenze nn. 348 e 349 del 2007, e'  stata
ribadita  la   superiorita'   gerarchica   delle   norme   di   rango
internazionale che, al pari del diritto comunitario, rappresentano un
parametro  interposto  di  costituzionalita'  anche  per   le   leggi
regionali. Secondo tali sentenze infatti  l'art.  117,  primo  comma,
della Costituzione, condiziona l'esercizio della potesta' legislativa
dello  Stato   e   delle   regioni   al   rispetto   degli   obblighi
internazionali, tra i quali indubbiamente rientrano quelli  derivanti
dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle  persone  con
disabilita'. 
    Di recente, codesta Ecc.ma Corte  ha  escluso  l'idoneita'  della
Convenzione OIL n. 158 del 1982 sul  licenziamento,  a  integrare  il
parametro dell'art. 117, primo comma, della Costituzione in quanto la
norma  costituzionale  fa  riferimento  al  rispetto  dei   «vincoli»
derivanti dagli «obblighi internazionali» e la  predetta  convenzione
non e' stata ratificata dall'Italia (sentenza n. 194  del  2018).  Al
contrario, la Convenzione  delle  Nazioni  Unite  sui  diritti  delle
persone con disabilita' e' stata ratificata con legge n. 18/2009. 
    Infatti, codesta Ecc.ma Corte ha ritenuto che da tale Convenzione
nascono obblighi internazionali per lo Stato e ha peraltro  «rilevato
come il principio del necessario rispetto, da parte  dei  legislatori
interni, dei vincoli  derivanti  "dall'adesione  ad  una  Convenzione
internazionale ... si configura alla  stregua,  per  cosi'  dire,  di
"obblighi di risultato": gli strumenti pattizi si limitano,  infatti,
ordinariamente, a tracciare  determinati  obiettivi  riservando  agli
Stati aderenti il compito di individuare in concreto -  in  relazione
alle  specificita'  dei  singoli  ordinamenti  e  al  correlativo   e
indiscusso margine di discrezionalita' normativa - i mezzi ed i  modi
necessari a darvi attuazione». 
    Piu' in particolare, con la sentenza  n.  2  del  2016  e'  stato
chiarito che Convenzione di cui si  tratta  «si  limita,  secondo  la
propria natura, a consacrare una serie di importanti principi,  tutti
coerentemente tesi a realizzare le finalita'  tracciate  dalle  Parti
contraenti   e   paradigmaticamente   sintetizzate,    all'art.    1,
nell'enunciazione dello scopo di «promuovere, proteggere e  garantire
il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di  tutte  le
liberta' fondamentali da  parte  delle  persone  con  disabilita',  e
promuovere il rispetto per la loro intrinseca  dignita'».  Il  nucleo
della Convenzione ruota, cosi', essenzialmente, intorno all'avvertita
esigenza di conformare i vari ordinamenti interni in chiave non  gia'
meramente protettiva delle persone con disabilita', ma  piuttosto  in
una prospettiva dinamica e promozionale, volta a garantire a ciascuna
di esse la piu' efficace non  discriminazione,  non  solo  sul  piano
formale  ma  su  quello  delle  effettive  condizioni  di  esistenza:
attraverso, cioe', anzitutto, il pieno e integrale riconoscimento  di
diritti e di tutele che, in  quanto  fondamentali,  non  possono  non
essere adeguate alla dignita' di qualsiasi persona in quanto tale, ma
anche attraverso la predisposizione di misure  idonee  a  compensare,
per quanto possibile, e nelle forme piu' compatibili,  la  condizione
di chi si trovi cosi' particolarmente svantaggiato.». 
    Pertanto, l'art. 2, comma 2, lettera a) della legge regionale  n.
48 del 2018, ponendosi in contrasto con  le  menzionate  norme  della
Convenzione  delle  Nazioni  Unite  sui  diritti  delle  persone  con
disabilita', ratificata dall'Italia con la legge n. 18  del  3  marzo
2009, nonche' con la specifica disposizione contenuta  nell'art.  23,
comma 3, della predetta legge n. 104/1992, viola  l'art.  117,  primo
comma, della Costituzione, nella parte in cui dispone che la potesta'
legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle  regioni  nel  rispetto
degli obblighi internazionali. La norma  censurata,  per  le  ragioni
sopra indicate,  viola  altresi'  i  principi  di  uguaglianza  e  di
ragionevolezza di cui agli articoli 2 e 3 della Costituzione. 
    L'art. 2, comma 2, lettera a), nel riconoscere ai comuni costieri
pugliesi i benefici economici previsti, attrezzando per la  fruizione
delle persone  diversamente  abili  soltanto  una  singola  spiaggia,
individuata nell'intero territorio comunale, incentiva quei comuni ad
assolvere, in  misura  parziale  e  insoddisfacente,  all'obbligo  di
garantire alle persone diversamente abili la liberta'  di  accesso  e
fruizione delle aree demaniali destinate  alla  balneazione  e  crea,
inevitabilmente, una irragionevole discriminazione  a  detrimento  di
quelle persone che incontrano un ostacolo ingiustificato per la piena
realizzazione del loro diritto.